Carte false

L'assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Quindici anni senza verità

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«Sì, la gente ne parla», aveva risposto il sultano, «ho sentito dire che sono state trovate cisterne in mare, e che in qualche posto, durante la costruzione della strada, era stato insabbiato del materiale tossico». Poi era stato lui a guardarla dritto negli occhi. E cambiando tono aveva scandito le ultime parole dell’intervista. «Stia attenta, signorina. Da noi, chi ha parlato del trasporto di armi, chi ha detto di aver visto qualcosa, poi è scomparso. In un modo o nell’altro, è morto.»

Somalia, 20 marzo 1994: Ilaria Alpi, giornalista del Tg3 Rai, e il suo operatore Miran Hrovatin vengono uccisi da un commando in una via di Mogadiscio quando stanno per fare ritorno in Italia. Nei giorni precedenti hanno lavorato in uno scenario intricato e pericoloso, in cui agiscono politici somali e italiani, militari e funzionari dell’Onu, servizi segreti e imprese che costruiscono strade, contrabbandieri d’armi e trafficanti di rifiuti tossici. I documenti e i filmati realizzati da Ilaria e Miran arrivano in Italia solo in parte. Per fare luce sulle cause e sui modi della loro morte non sono bastati quindici anni di processi e le indagini due Commissioni parlamentari. Che cosa avevano scoperto i due giornalisti?

L’omicidio dei due giornalisti della televisione italiana, avvenuto quindici anni fa in Somalia, è ancora oggi uno dei grandi misteri nazionali. Nel paese africano, in quegli anni, agli interessi locali si mescolano gli affari internazionali, non solo politici ma soprattutto economici. La guerra tra fazioni, che i militari dell’Onu (tra cui gli italiani) a stento controllano, richiede denaro e armi. La cooperazione internazionale, di cui le aziende italiane sono parte importante, diventa terreno propizio per i traffici illeciti, come quello dei rifiuti tossici esportati dall’Italia e sepolti in Africa.

Ma le circostanze della tragedia sono solo l’inizio di un lungo percorso nel quale gli sforzi per svelare i nomi dei mandanti e degli esecutori dell’omicidio delineano a poco a poco un intreccio di politica, economia, istituzioni, poteri pubblici e privati che cercano di nascondere le ragioni vere del delitto.

Le parole dei testimoni e la loro interpretazione nelle indagini della magistratura e del Parlamento, le ammissioni e le omissioni, le mezze verità e le bugie palesi: un’inchiesta a più voci che è il testardo tentativo di continuare a cercare la verità dei fatti, per ricordare Ilaria Alpi applicando al lavoro del giornalista l’etica che la distingueva.

In queste pagine sono riuniti i contributi di giornalisti che negli ultimi quindici anni si sono occupati a fondo delle inchieste sull’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Il lavoro di indagine di Francesco Cavalli, Alessandro Rocca, Luciano Scalettarie l’analisi di Mariangela Gritta Grainer sono coordinati dal racconto di Roberto Scardova, vicecaporedattore e inviato del Tg3, cui si aggiunge la documentazione dell’impegno civile di Luciana e Giorgio Alpi, genitori di Ilaria, in un’intervista di Barbara Bastianelli e Francesco Cavalli.

Il libro nasce dall’attività realizzata intorno al Premio giornalistico televisivo Ilaria Alpi, nato nel 1995 per diffondere l’impegno e il senso etico che hanno caratterizzato il lavoro della giornalista. Il concorso, promosso dalla Regione Emilia Romagna, dalla Provincia di Rimini e dal Comune di Riccione per riconoscere e accreditare l'impegno per l'inchiesta giornalistica televisiva sui temi della pace e della solidarietà, oggi rappresenta in Italia uno dei più importanti momenti di riflessione sul giornalismo d'inchiesta, grazie alla sua videoteca, ai  convegni e alle pubblicazioni.

Uscita:
ISBN:9788896238059
Pagine:192
Formato:13.2x18.5
Stato:esaurito
Roberto Scardova

È giornalista. Ha lavorato per «l’Unità» ed è stato inviato speciale per il Tg3.

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